domenica 27 dicembre 2009

Buona vita!

Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ognigiorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi nonrischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero subianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di unosbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davantiall'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sullavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire unsogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire aiconsigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chinon ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamentechi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa igiorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi nonfa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando glichiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivorichiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

(P. Neruda)

Francesca e Vito

Di recente ho avuto l’opportunità di seguire un corso breve ma intenso su come si usa il power point, che cos’è a che serve, limiti virtuosismi di casi concreti. La maestra, esperta di scrittura – la si può leggere anche su http://www.mestierediscrivere.com – dice che i blog muoiono se non si aggiornano quotidianamente o comunque spessissimo, perché sono dei diari e funzionano come punto di riferimento per chi ci trova qualcosa di utile o semplicemente si diverte a seguire le fandonie dell’autore. Mumble mumble…io penso, caspiterina, ultimamente ci scrivo proprio poco sul blog, e non è perché non mi viene niente in mente, anzi. Mi capita spesso di prendere appunti mentalmente di una cosa che cattura la mia attenzione e ci costruisco, sempre a mente, anche una storiella sopra facendo collegamenti astrusi e concreti. E mi dico si, la devo scrivere così. Poi l’idea resta ma l’azione manca. Quando apro il computer il ricordo è diventato vago o ho poco tempo e il giretto su fb catalizza la mia attenzione. Dovrei avere a disposizione immediata un aggeggio su cui scrivere e poi subito pubblicare. Uno di quei cosi mostruosi su cui scrivi con lo stuzzicadenti mentre sei in metro e salti così la tua fermata. No, per carità. Per fermare il guizzo mi sono per un periodo munita di taccuino. Per un po’ ha funzionato. Scrivevo soprattutto in viaggio. Era subentrata questa novità nella mia routine casa o lavoro – aereoporto - sala d’attesa – pizzetta/negozio – volo – attesa bagaglio (se a fiumicino infinita) – casa o lavoro ma sempre più spesso casa. Per un po’ ha funzionato. Poi ho iniziato a girare con una borsetta più piccola e ho inventato la scusa che il taccuino ingombrava. Lasciato a casa il taccuino, in uno degli ultimi voli mi sono molto concentrata per apparire più stanca di quello che in realtà ero, sperando di scongiurare il pericolo abbordaggio ciarliero da parte di un qualsiasi lui/lei/vecchio/giovane/bambino. Con il broncio pronunciato, gli occhi a fessura, il giacchetto a mo’ di coperta che mi copriva come una mummia imbalsamata ero seduta in esterno affaccio corridoio, sollevata di avere il posto vicino a una ragazza e a un ragazzo che si sorridevano parlando. Ho pensato, bene, si conoscono, si compensano; se devo sopportare il chiacchiericcio nell’orecchio pur di non diventare parte attiva nella conversazione, ebbene sia. In fondo posso sempre spararmi la musica nelle orecchie, al massimo per cercare di coprire il rombo del motore.
- Guarda Vito, mi sa che la signorina è più freddolosa di me.
Impassibile resisto fingendo di essere assorta nei miei pensieri. Il ragazzo non risponde ma lei incalza.
- Eh si, poi quando sei stanco il freddo si sente ancora di più. Ti ricordi quando due giorni fa … …
Sembrava parlare al ragazzo ma in realtà guardava di fronte a sé e ogni tanto si girava verso di me! Si, verso di me! Sospiro profondamente cercando di mantenere la calma. In fondo sono stata cresciuta come una bambina educata. Un po’ viziata ma educata.
Giro la testa e lo faccio: abbozzo un sorriso tendendo le labbra serrate.
- Dai Francesca, non importunare la signora che magari è stanca e vuole dormire.
Altro sorriso tirato da parte mia. Non una parola. Mi rigiro e chiudo gli occhi. Me la sono scampata. Si un po’ antipatica ma in fondo, chi li conosce. Avrò pure diritto al mio riposo. Sarà possibile in un tubo di metallo sospeso nel cielo con un centinaio di persone ammassate dentro. O no?
NO.
- Allora ti è piaciuta Istanbul?
A domanda diretta, non avevo più scampo. Per fortuna. Perché ho conosciuta una ragazza deliziosa con tanta voglia di vivere e di condividere a cui piace girare il mondo, da sola o in compagnia e che aveva portato in Turchia il suo ragazzo che il mondo invece lo aveva girato poco fino a quando era piombata lei nella sua vita. Aveva però scoperto che gli piaceva viaggiare e fare le foto e conoscere luoghi e persone e pensare a quanto erano diversi o simili rispetto a quelli della sua Sicilia. Bella la Sicilia, la conosco poco ma ci voglio tornare, una due tre volte e tutte quelle che saranno necessarie per conoscerla bene. Eh, conoscerla bene è una parola. Noi ci siamo nati in Sicilia, io me ne sono anche andata per un po’. Sono cuoca, le stagioni su al Nord rendevano bene ma non era casa. In Sicilia ora provo a mettere su un’attività che mi permette di andare a cucinare a casa delle persone, direttamente. Le mie specialità sono i primi. Ma riesci a mantenerti così? Eh no. Per quello ci vuole un po’ di tempo, un po’ di pazienza. In realtà il mio stipendio è il sussidio di disoccupazione. Sono riuscita ad averlo perché tutta la mia famiglia ha votato un politico. Di destra? Di destra, di sinistra, tanto è uguale. Poi in verità io lavoro pure, alla ASL, smisto pratiche. Ma lo faccio in nero. Loro non mi pagano. Io faccio bene il mio lavoro. Con coscienza, sono sempre puntuale, vabbè che l’ufficio è a 10 minuti a piedi da casa mia. C’è tanto schifo però in giro. Quella non lavora perchè è la protetta del capo. Quell’altro aspetta la pensione da una vita. E che gli importa. Io dico le cose come stanno, in faccia alla gente. Dicono che sono una piatagrane, che semino zizzania. Hai capito come stiamo in Sicilia? Non so se è solo una questione delle parti mie. Tu dici che vuoi arrivare presto per andare a votare. Brava, io ti ammiro per questo ma io ho smesso. Ho smesso di credere che quelli là vogliono il bene delle persone per cui governano il Paese.
Comunque…la Sicilia è bella, bellissima. Vieni quest’estate che ti cucino il mio primo preferito.

Da: Istanbul Francesca
Data: 24/12/09
“Ciao Angela, ti volevamo fare gli auguri di un sereno Natale. Francesca e Vito”

martedì 6 ottobre 2009

Zapping

Ho comprato un bel televisore nuovo. Ha lo schermo piatto e pesa poco. È incastrato nella mensola 50x60 che lo accoglie in tutti i suoi 22 pollici. Dopo mesi senza tv, mi siedo sul divano pronta a godermi un po’ di svacco casalingo. In automatico metto rai tre che considero una piccola isola ancora guardabile, a volte. Mi diverto con Crozza che ultimamente dice un po’ troppe parolacce, non è mai educato, in televisione soprattutto. Lo sfondo che accoglie gli ospiti esterni è accattivante, un bosco autunnale con tanti lupetti che sbucano dagli alberi con espressione furba. O forse famelica. O maligna invece. Lodo Alfano, tutti aspettano fiduciosi la Corte costituzionale che si esprime, tutti si dichiarano rispettosi del massimo organo sovrano di questa repubblica. Franceschini, su cui il truccatore ha fatto un buon lavoro stasera, paventa lo scenario anticostituzionalità della legge e sembra sinceramente spaventato dalla possibile reazione di papi. Mi associo. Scopro, sicuramente in ritardo, che Rossella ha anche il cappello Medusa e resto sorpresa del suo supporto incondizionato a Berlusconi, così in prima serata, davanti alle telecamere e non nell’ombra del dietro le quinte del TG5 che grazie a lui ora è parente stretto di Verissimo. Bondi, con la voce vellutata di chi non impone ma consiglia, fedele alla caricatura di sé stesso, dissimula la tensione buttando tutto in casciarra come gli hanno insegnato alla scuola dei fedelissimi. Chissà perché ma ogni volta che vedo lui o i suoi colleghi showman o showwomen, ovvero gli speaker scelti da papi per esportare la videocracy, penso che dopo la performance saranno convocati per essere valutati sulla bontà del loro intervento, rivedendo magari il video della trasmissione commentato in moviola sui colpi affondati e quelli non parati. Un po’ come facevano mila&shiro quando analizzavano con l'allenatore cattivo la partita della squadra che avrebbero incontrato l’indomani e da bravi giapponesi si applicavano per trovare in 24 ore la mossa che avrebbe annullato la schiacciata, magari dei russi, a triplice salto sospeso.
Cambio.
Trovo Ilari Blasi tutta imperlata di fini pagliuzze dorate che ammicca con un nuovo gloss luccicante. Ci sono due giovani nuove iene che mi spiegano come sta prendendo piede l’usanza di andare in India e affittare una surrogata per mettere al mondo un bambino con la connivenza della polizia locale, del sistema giuridico del posto, di quello sanitario, e del consolato italiano che fa finta di non vedere e si nasconde dietro il vuoto normativo che non si esprime sull’illegalità per gli italiani di andare in giro per il mondo a affittare uteri in cui impiantare ovulo e seme dei futuri genitori. In Italia non è possibile. C’è quasi da sperare che la lobby ecclesiastica si sbrighi ad allungare i suoi tentacoli anche fuori dall’Italia. Visto che di responsabilità, individuale e collettiva, non c'è neanche l'ombra. L’altro servizio parla di miss chirurgia plastica. Lo stomaco non mi regge e gli esibizionisti non li sopporto, almeno sul divano di casa mia non sono costretta a sorbirmeli.
Approdo su rai uno e finalmente trovo pace con Un medico in famiglia. Lì è Natale. Ah che bello il Natale. Le lucine, il presepio, i dolcetti e così via…l’idillio si spezza quando mi viene ricordato che all’arrivo vero del Natale poi inizio a lamentarmi sperando che passi il più in fretta possibile.

Zapping, pessimismo e fastidio.

domenica 9 agosto 2009

Notte Blues

I Sigur Ros non sono appropriati, soprattutto questo ultimo album più allegrotto degli altri. Ma questo ho sottomano. Nonostante abbia comprato un favoloso porta cd di alto design, almeno per l’alto prezzo, non riesco ad avere una panoramica completa della mia musica. Succede la stessa cosa con i vestiti. Potrebbe non essere un caso. Forse dovrei impegnarmi di più. Vedremo… non ora. Adesso è estate. È tempo di vacanza, di luna, di spiaggia, di festa, di sorrisi , di tanto buon pesce e di calore, nel senso di amore, sì anche nel senso di caldo.
Notte blues dicevo. Qualcuno si chiede perché il bello del ritrovarsi non può essere altrettanto bello nel viversi quotidianamente. Qualcun altro medita sul genere umano, pensando di non averci capito un bel niente, soffrendo come solo si può soffrire a causa dell’azione umana. Dall’amore può scaturire il dolore e a volte ti accorgi di aver amato solo quando ti senti bastonato. Ancora un altro si interroga sulle occasioni perdute, pensando che saranno sempre perse, o forse in fondo in fondo esprimendo il buon proposito di non perderle più, prima riconoscendole, poi cercando la forza di agire. Sono sicura che c’è anche chi si accarezza la pancia pensando a quante belle persone ha intorno, al valore dell’amicizia e a quello della vita. Dal canto mio mi godo questa notte di solitudine, tra i bei ricordi dei giorni appena passati e il pensiero di quelli imminenti. Vorrei che quest’estate durasse per sempre.
Buonanotte e sumnia am als angiulets a tutti.

giovedì 30 luglio 2009

come un gatto sui TeTTi

Il sito recita: servizio continuato ristorante e bar su questo meraviglioso Roof Garden nella stagione primavera-estate.
Difficile affermare il contrario. La Terrazza del Raphael regala uno scorcio di Roma che riconcilia con il creato, sui tetti dietro piazza Navona, tra super attici fioriti e cappelle e campanili da libro d'arte così vicini che vien voglia di saltarci su, mentre il sole che scende colora tutto di rosa e l'arietta dolce fa dimenticare l'afa.
Bello regalarsi ogni tanto una pausa per ricordare dove si ha la fortuna di vivere.

www.raphaelhotel.com

Pronti, partenza...VIA!

Quasi. Da domani. Sono VIA da domani.
VIA da Roma che pure mi ha accolto bene al mio rientro da BXL, VIA dal fornetto di casa senza balcone e senza aria condizionata, VIA dall'aria condizionata croce e delizia del Palazzo, insomma, VIA.
In questa insostenibile giornata a -2 dal VIA, mentre voracemente placo la mia fame con un delizioso panino alle verdure gentilmente recapitatomi sulla scrivania - pensando alle polpettine al sugo che mia madre stava preparando per pranzo a circa 200 km da qui e al fatto che se ceni con le arachidi durante l'aperitivo non puoi reggere la fame fino all'ora di pranzo del giorno dopo - dopo aver indagato i misteri astrali nell'apposita sezione di Vanity Fair (purtroppo l'oroscopo di Internazionale sarà aggiornato solo domani), mi imbatto nel sito http://www.goop.com/ e capisco che è arrivato il momento di andar VIA: anche quella lettura mi risulta pesante!

mercoledì 3 giugno 2009

Panta rei

Si sa. In certi momenti pero’ il concetto assume una nitidezza particolare che è destinata, ovviamente, a sparire. Questo è uno di quelli. Oggi al mercatino bellissimo di cui ho avuto la fortuna di godere quasi ogni mercoledi’ data la vicinanza con l’ufficio, ho preso il fagottino di ottimo formaggio di cui ho fatto grandi abbuffate all’inizio di qusta mia avventura brusseloise. Ora conosco le bancarelle a memoria, è sempre picevole fermarsi a quelle italiane con tutti i prodotti buonissimi che abbiamo in Italia e sentire – Buongiorno dottore! – Allora tutto bene? – Visto che meravigliosa giornale di sole che ci regala oggi? Etc etc. Ho rinunciato a parlare in francese, anche se ora dico con fierezza Est que je peu avoire le resù s’il vous plait? Mamma mia, chissà quanti errori in questa frase. Meno male che il mio mostrillo preferito queste pagine non le vede mai, almeno credo. Sono le tre del pomeriggio e dovrei lavorare. Intorno a me c’è frenesia per un evento importante che si terrà la prossima settimana. Anche io avro’ la mia particina e ancora una volta mi verrà da pensare che se fossi nata seppur nella campagnia inglese, mi sarei sentita molto più adeguata parlando a un pubblio internazionale in inglese con uno stretto accento campagnolo da madrelingua piuttosto che con il mio delizioso (dicono gli altri) e fortissimo accento italiano. Lo so che dicendo cose sensate passa in secondo piano, ma non aiuta a sentirmi sicura! Comunque sto lavorando anche se scrivo. E comunque ho tutto il diritto di concedermi un po’ di tempo perchè sono un po’ triste, no nemmeno triste, cosi’ un po’ riflessiva sul tutto che scorre, e scrivere mi fa sentire meglio. Ho la borsa pesante oggi. Dentro ci sono poche cose tra cui un foglio di carta: il mio biglietto di rientro.

lunedì 25 maggio 2009

Fantascienza

Azz…non è il volume, non capisco perché è in francese…eppure mission impossible è la svolta della serata, con il buon Tom che vola tra i grattaceli per salvare la sua bella. Fantascienza. Quasi come questo caldo da 15 d’agosto a Bruxelles.

giovedì 7 maggio 2009

La GiOsTrA eUrOpEa

Bah!
Si è la stessa cosa che penso io. È una strana città questa. Una specie di grande parco giochi, con scivoli ripidi e eccitanti, gente colorata che sale e scende dall’altalena, tunnel stregati che deformano immagini, sensazioni, da cui esci contento di aver fatto l’esperienza e altrettanto di rivedere la luce del sole o quella delle stelle, basta che si tratta di cielo vero, di conoscenza applicata alla vita vera, quella che si conduce in un posto in cui hai piacere di stare per più di sei mesi, un anno o forse due, magari anche cinque o dieci o quindici, basta avere un rifugio dall’altra parte, nel posto vero dove ci si sente veri, sia esso città o campagna. Eppure attira. No, non sono i monumenti. Per carità la piazza è bella, i fiori sono gentilmente composti da per tutto, funziona tutto più o meno bene e c’è poco da stressarti. E poi.. c’è questa sottile impercettibile aria di follia a volte creativa a volte rilassata a volte grigia vicina, a portata di boccale di birra e di chiacchierata con il vicino mai visto prima e che forse mai rivedrai eppure lontana, ineffabile come la politica che si fa nei palazzi di vetro corteggiati e odiati, come la chimera di approcciare un belga puro che non sai mai dove sia rifugiato. Fai l’amore su un tetto, metti le infradito con il pallido sole di aprile, ti affacci su una spiaggia che dà l’idea di mare, mangi salse dal colore incerto e ti ricordi che la mamma ha sempre fatto la passata in casa con i pomodori buoni scelti di persona al mercato, parli con un islandese della violazione dei diritti umani in Tibet, vai a teatro e senti una fitta di nostalgia per la bellezza a cui sei abituato, partecipi alle feste di addio, scambi numeri e-mail pensando a come segnare il nome per ricordare la persona, apprendi, conosci, ti senti nell’ombelico del mondo eppure non riesci a non pensare al quando al come la parentesi si chiuderà e ricacci il pensiero del se si chiuderà.
– E come stai qui? Bah, sai… non si sta poi così male.
D’altronde è sempre difficile abbandonare un parco giochi, no?

sabato 2 maggio 2009

Donne

- Non so se continuare il corso di francese.
- No? Perché? A ma piace tantissimo.
Non l’avrei mai detto, sembrava una bambolina di sale in classe, partecipava solo se richiesto e andava via prima che la lezione finisse.
- Si, un angoletto tutto mio e anche se non lo studio, sento che piano piano apprendo..
- Ok. Forse hai ragione tu; prendi spesso questa metro?
- Si o almeno la prendevo, ho lasciato il lavoro.
- Ah! E…come va?
- Benissimo, mi sento liberata, rinata. Mi faceva schifo, ero stressata e sottopagata.
- Ok.
- Poi ho lasciato il mio ragazzo.
- Ah! Cavolo…
- Si, pare sia un periodo di cambiamenti.. Me ne sono andata dalla casa che dividevo con lui e penso di andarmene presto da BXL. Ci sono stata troppo e ho girato troppo per decidere di restare qui.
- Wow. Bhè, capita che succede tutto insieme, che poi una cosa si tira dietro l’altra. Tu, come stai?
- Ti diro’…proprio bene!

sabato 25 aprile 2009

lunedì 20 aprile 2009

Il cappuccio rosso sventolava forte e le mani erano fredde e indolenzite nel tentativo di tenerlo stretto sulle orecchie. A volte provava a metterne una in tasca per riscaldarla un po’ ma il soffio pungente s’infilava e gelava la testa. Si era anche preparato una piccola sigaretta innocua ma non c’era verso di accenderla, e soprattutto di fumarla. Le guance rosse come ciliege, camminare sulla neve richiede un certo impegno e concentrazione. Finalmente il fumo del comignolo si alzava nel cielo, c’era quasi. La porta socchiusa. Strano. La pentola appesa sul fuoco tenue del camino. Era lì ma non c’era. Se ne era andata. Senza possibilità di replica, senza addio. Aveva pensato lungo tutto il cammino alle mille cose da raccontare. Riusciva ad andarla a trovare raramente ma ogni volta che qualcosa lo feriva o lo rendeva felice serbava l’emozione in un cassettino aspettando di avere l’occasione di condividere pensieri e desideri. Era lì, immobile davanti a quel corpo inerme, gelato come le sue aspettative.
Fuori iniziava a nevicare forte, il cappuccio sventolava ma le mani erano inermi. I passi ritmici, uno due tre uno due tre uno due tre. Pensava che avrebbe voluto camminare così per sempre. Era l’unica cosa che contava, mettere un piede davanti all’altro, all’infinito. Per andare avanti. Il sentiero costeggiava la scogliera. Scorse una figura che in lontananza gli dava le spalle. Era una giovane donna con i capelli lunghi che seguivano i capricci del vento. Guardava al mare. Non se ne curò molto. I loro sguardi non si incrociarono. Una volta che l’ebbe sorpassata si girò, prima di entrare nel bosco. Aveva un profilo delicato, lacrime le rigavano il volto. Una fu portata via dal vento, si avvicinava senza titubanze, da goccia si era trasformata in grande bolla. Non oppose nessuna resistenza, l’impatto fu dolce ma il cappuccio volò via. Una macchia rossa sulla distesa immacolata.

giovedì 26 marzo 2009

e passa la paura

paula è un bel nome. mi viene in mente la serrano. le sue atomosfere femministe nelle dittature dell'america latina. conoscevo una ragazza greca che si chiamava paula. non ci ho mai avuto molto a che fare anche se le occasioni per interagire non mancavano. all'epoca avevo ansia di frequentare la gente giusta e se decidevo che non rientravi nella categoria, diventavi invisibile. gesù grazie quella fase l'ho passata. forse ho attraversato del tutto il guado. adesso mi danno piuttosto fastidio le persone atteggione. che ammiccano. che devono compiacere altrimenti l'ego non si riempie a sufficenza. oggi la frequenterei forse paula. a dirla tutta oltre che sembrarmi un po' sfigata non mi faceva grande simpatia. no, forse non la frequenterei neanche oggi.
di fronte la mia scrivania ora c'è un altra paula. ragazzetta deliziosa in cerca di fortuna a BXL. si dà da fare, le auguro di avere buona sorte. le ho lasciato il mio numero per questo we. le ho detto, se hai bisogno di qualcosa, chiamami. mi meravigliavo mentre lo dicevo, eppure l'ho detto. poi ho pensato tanto non mi chiamerà, quasi con sollievo. invece è un peccato che io non mi sia presa il suo di numero. l'avrei invitata volentieri a fare due passi - allora ci sentiamo domani verso le undici mezzanotte così ti dico se andiamo a ballare. ehm va bene e dentro di me penso che l'animo giovane non l'ho mai avuto - due chiacchiere. ho deciso di espiare le vecchie colpe? ma no, anche quella fase è passata. cavolo riuscivo ad auto infliggermi certe punizioni! come quella volta che invece di andare in copisteria, ho affidato il libro alla volpona che mi stava a fianco. me l'ha riconsegnato non rilegato, senza fronte retro per il doppio del costo del libro originale. era andata in libreria a farlo fotocopiare. non me lo sono perdonato. mi sono imposta la reclusione per una decina di giorni. sono ancora dell'avviso che un po' di sana meditazione aiuti lo spirito. stasera me la sono concessa davanti a un filetto a point e a un bicchiere di ottimo vino rosso cileno. basta poco per riconciliarmi con me stessa.

lunedì 16 marzo 2009

Buon senso

Dal fioraio c'era una signorina che indossava degli infradito. di quelli che si portano nelle piazze modaiole di capri o taormina, argentati con delle pietre dure sulle striscioline che ornano il piede. aveva una minigonna rossa e un vistoso tribale lungo tutto il polpaccio. confezionata nel mio cappuccio da eschimese, con tanto di pelo, ho pensato che la signorina a formentera potrebbe fare sfoggio di un bel paio di stivali sulla spiaggia, come quelli che ho visto addosso a diverse pulzelle particolarmente alla moda mentre sorseggiavano un mojito al tramonto.

venerdì 6 marzo 2009

a ruota libera

frequentare persone nuove è una grande opportunità. apre la mente e soprattutto permette di capire meglio sè stessi. ricordo che avevo la stessa sensazione quando ero erasmus in danimarca. sono passati 10 anni (miiiiiiiiiiiii) eppure la sensazione è identica.
quando ho conosciuto N. per esempio ho pensato cavolo questa ragazza è proprio in gamba, ha due anni meno di me, che a vent'anni si avvertono ancora di più, e sa tre lingue, smanetta sul computer come se non facesse altro nella vita, si alza la mattina e la prima cosa che fa sono un paio di flessioni, hop hop, si mette la tuta, esce per una corsetta, poi torna e fa colazione con me che ho ancora i segni del cuscino sulla faccia.
Poi S. di cui avevo grande soggezione all'inizio. praticamente perfetta, in ogni situazione. sapeva addirittura cucire! sì, si faceve le cannottiere e anche i vestiti - mi pare. e poi cucinava da dio. sapeva che avrebbe imparato il danese. di lei ammiravo soprattutto l'emancipazione dalla famiglia e in genere dal pensiero convenzionale. quando ho saputo che aveva avuto il piercing sulla lingua è definitivamente entrata nell'olimpo.
grazie a V. ho scoperto il broccolo e la pasta con il broccolo. riusciva ad andare in profondità senza mai essere pesante. grande qualità, sempre agoniata almeno dalla sottoscritta. l'ho conosciuta in un periodo in cui ha dato prova di coraggio e di audacia. all'epoca pensavo fosse la contingenza, con il tempo ho poi imparato a conoscere questo suo tratto distintivo, il non volersi sedersi mai, seguendo con caparbietà ciò che sente di dover fare, senza arrendersi e senza accontentarsi.
Ma al di là delle cose diverse che ognuna di loro faceva, erano accumunate da un'attitudine. l'attitudine ad arricchirsi delle cose della vita e del mondo. attitudine che continua a contraddistinguerle anche se purtroppo non ho più l'occasione di viverle ogni giorno. è un'attitudine che io sentivo di non avere e che in parte mi hanno trasmesso. è la cosa che mi ha fatto venire qui e che mi porterà chissà dove.

bo, ho iniziato che volevo parlare delle persone che ho incontrato qui e invece ho scritto delle persone che ho incontrato lì. vabbè, vuol dire che farò a ruota libera - parte II.

mercoledì 25 febbraio 2009

Che vor dì?

Prima della mitica franci, anzi frangi, ho diviso la casa con D., una ragazza greca trasferitasi in italia per studiare. D. era in grado di di captare i segni del destino, come diceva lei, e di interpretarli in modo che condizionassero la sua vita in maniera naturale, assecondando quello che per lei era già scritto. Più volte ci siamo confrontate su questo, a lei cadeva una bottiglia la mattina e sapeva che corso avrebbe preso la giornata; a me succedevano cose eclatanti e quasi non me ne accorgevo, di sicuro non riuscivo a metterle in sequenza con null'altro. Mi aveva anche insegnato a leggere i fondi di caffè, arte tramandata direttamente dalla nonna turca. Devo dire che era brava e io riuscivo a sopperire alle mancanza di intuito con la fantasia, che per fortuna non mi è mai mancata.
In questi giorni D. mi è venuta in mente perchè mi sono accorta che non faccio altro che raccogliere o andare a sbattere verso cose/persone che hanno in qualche modo a che fare con l'India e mentre io mi chiedo - che vor dì?- D. sicuramante avrebbe avuto la soluzione in tasca.

La mia nuova collega americana dice che un giorno si trasferirà in India. Ne è sicura. Beata lei. Per il fatto che è sicura, non per l'India. Un paio di giorni fa ha vinto non so che premio quel delizioso film su chi vuole essere milionario in versione indiana. Per domani sera mi è arrivato un invito da parte di ben due persone a partecipare a un Bollywood party. Una però è l amia collega americana, forse non conta. Infine, ieri sera sono andata a vedere un film d'animazione, Sita sings the blues, ambientato in India.

Ora, tutto ciò dovrebbe dirmi forse qualcosa. Sicuramente a D. sarebbe chiaro!

mercoledì 18 febbraio 2009

Una vacanza a Lampedusa

Ti ricordi quando pianificavamo la nostra vacanza a Lampedusa? Ci avevamo preso gusto a goderci un'anticipazione delle vacanze a maggio. Ottimo periodo, lo sostengo ancora adesso, per staccare e non arrivare a fine luglio boccheggiando. Ora che effetto ti fa, una vacanza a Lampedusa? Io forse ci andrei comunque ma non tanto per spaparanzarmi al sole quanto per fare un reportage. Ma quanto disperato devi essere per inghiottire delle lamette e sperare che nel migliore dei casi ti salvano prima che l'emorragia interna ti secchi o nel peggiore, il tuo sacrificio servirà a cambiare le cose per altri. Centri di identificazione ed espulsione. Suona proprio male. Evoca cose brutte. Identificare, espellere, cancellare. Hmm, brutta roba. Attenzione a non tirare troppo la corda. Nella disperazione l'atrocità non si riconosce come tale. Si diventa capaci di tutto. Di trascinare nella disperazione chiunque per caso si trova lì e diventa strumento per allertare l'opinione pubblica che per un attimo si scuote sentento la notizia del teatro occupato, degli ostaggi, dei balordi ceceni morti, anzi uccisi soffocati, comprese le donne incinta. Donne incinta quasi consapevoli kamikaze. Quanto devi essere disperato per fare una cosa così? Non hai più nulla da perdere perchè hai già perso tutto. Credo. Per fortuna non lo so.
Adieu.

domenica 15 febbraio 2009

A Roma, con il sole.

Era un grazioso tavolino dietro la porta del locale. Prendeva tutta la vetrata e il sole teneva caldi, anche dietro il vetro. Roma era in grado di regalare un fantastico sole anche in inverno, come il giorno in cui Elvira, Fausta e Lucia si erano date appuntamento in quel cafè per fare colazione insieme e raccontarsi gli ultimi mesi in cui era successo tanto.

Quel lunedì mattina era stato speciale, in modo diverso, per ognuna di loro.

Fausta iniziava un nuovo lavoro, dopo aver messo sette anni di vita in tre scatoloni e averne lasciato uno nell’ex ufficio perché non sapeva come portarlo ma pensava anche che avrebbe avuto la scusa per passare a salutare ancora e avere un po’ di nostalgia ed essere contenta di aver deciso di cambiare.

Elvira iniziava sempre un nuovo lavoro ma in un’altra città e per un periodo determinato. Sapeva che dopo quattro mesi sarebbe tornata a salire le stesse scale del palazzo e subito si era scrollata la malinconia di dosso perché aveva solo motivi per rallegrarsi e questa volta voleva impegnarsi a farlo. È strano ma esistono persone che devono concentrarsi per concedersi di essere felici. Elvira era una di queste, il sorriso in genere le durava poco e subito evocava la nuvola, se non c’era se l’inventava.

Lucia era nella colorata Barcellona. Invece di deprimersi a casa a cercare un lavoro che non arrivava aveva deciso di regalarsi una pausa oltralpe, per la lingua, per la gente, per il mare d’inverno e soprattutto per se stessa. Lunedì iniziava il corso che sarebbe durato un mese, lontana dal suo amore – da quando sto con lui non riesco a immaginare a fianco a me una persona diversa – dalla sua famiglia, dalle sue amiche ed era felice. Conoscendola un po’, gran parte della soddisfazione credo derivasse dalla possibilità di assaggiare tutti i tipi di tapas in commercio.

Iniziarono a raccontarsi così, dal lunedì in cui la loro avventura ebbe inizio. Era una splendida oziosa domenica mattina fatta a posta per ritrovarsi..

venerdì 23 gennaio 2009

Lars e una ragazza tutta sua

Cos'è un funerale se non la celebrazione di una vita? e il disturbo mentale? non può essere un modo di comunicare qualcosa che non si riesce a esprimere diversamente? ma quand'è che da bambino si diventa uomo? è per via del sesso? si, no, non solo. è quando impari a fare la cosa giusta. ma non giusta solo per te, giusta per tutti. tipo quando decidi di non tradire tua moglie, di prenderti delle responsabilità, di non fuggire davanti alla vita...

Delicato, da vedere!

giovedì 22 gennaio 2009

La dignità della foresta

Il mio cane nero cercò un posto confortevole dove andare a morire. Era sotto l’abete grande, quello che a Natale non si addobbava perché troppo alto. Ora non c’è più. È stato tagliato. Si era seccato forse perché ammalato, forse solo perché stanco. Era nell’angolo, verso nord, lontano dalla casa, vicino ma separato dalla strada dalla siepe impolverata. Era proprio in un angolo tranquillo. Noi ci capitavamo di rado. Immagino che lì mio padre abbia acceso la sigaretta pensando, appena dopo la notizia, a come sarebbe stato essere padre. Un angolino raccolto insomma, in cima al pendio da cui si domina la casa, se ne intuisce la vita con un rumore di pentole o una tenda che si scosta o una luce che si accende o si spegne. Il tutto restando a distanza, guardando senza essere visti. Un ottimo posto dove andare a morire in effetti. Chissà se aveva fatto un sopralluogo immaginando a come sarebbe stato. Sicuramente era un posto che bazzicava, l’avevo beccato spesso a mangiare fili d’erba lassù. E poi da lì gli piaceva abbaiare ai passanti. Secondo me solo per dire – Ehi ciao, io abito qui. Più che per spaventare. Certo se poi passava un cane si scatenava, del tipo – Vedi di girare alla larga, questo è territorio occupato. Non ricordo che fosse malato, non che io sapessi almeno. Era tutto acciambellato con il muso tra le zampe posteriori e la coda sull’orecchio. Dormiva, senza respirare. Non ha dovuto chiedere il permesso di andare lì a morire e ci ha lasciato tristi ma sereni.

Credo che più o meno sarebbe andata così anche per il mio cane bianco se i miei genitori non avessero deciso di tentare. Ora sta bene, è allegra e riesce a fare anche dei discreti scatti su tre zampe. L’uso della quarta è opzionale. Ogni tanto si ricorda di averla, quando è a passeggio rilassata e allora sculetta come una vera maitress. Che buffa! Il risultato di 4 ore di operazione, per rimettere insieme un femore disintegrato dall’impatto con una macchina di cui non si sa nemmeno il colore. Il primo veterinario interpellato è stato pagato solo per la chiamata, quando è arrivato con la siringa letale. Ma lei ancora non si avvicinava. Rimaneva ai margini del selciato, immobile per ore, guardando fisso chi si specchiava nella sua rassegnazione. Mai un lamento. Mai una carezza elemosinata. Aveva capito che di lì a poco non ci sarebbe stata più, qualcun altro aveva scelto per lei. Troppi soldi, troppi fastidi. Poi il ripensamento. Faceva troppo male pensare che forse ci poteva essere una via e rimanere con il dubbio perché non si aveva il coraggio di verificare.

La droga ti spegne invece aveva scelto le belledinotte. L’abbiamo trovata lì in mezzo a fiori. La bocca aperta con i dentini aguzzi in bella mostra. Credo abbia sofferto. Soffriva da un pezzo. Aveva perso quasi tutto il pelo, sembrava uno di quei gattini modalioli che si fabbricano in Cina, tutti pelle e ossa, scarni, con gli occhi grandi grandi incastonati in quel triangolo di faccina. D’altronde la natura stessa non era stata generosa con lei, era nata con gli occhi inespressivi di un tossicomane appena fatto, da lì il nome La droga ti spegne che mia zia prese a prestito dalle pubblicità progresso che passavano in tv.

Sarebbe stato penoso pensare di andare a morire nel posto prescelto e trovare un ostacolo e poi ancora così in un altro posto e poi ancora, trascinandosi con le ultime forze rimaste e finire lì, dove capita quando non ce la si fa più.
Eppure a qualcuno è negato anche questo. Incredibile. Tocca affidarsi agli eroi assassini.

sabato 3 gennaio 2009

La rete intelligente

al di là dei confini tracciati sulla carta e difesi con le armi, la voglia di esserci per uno scopo in comune: sperare nel futuro.

http://gaza-sderot.blogspot.com/

buon anno a tutti.

venerdì 2 gennaio 2009

Fra le mani.

È un piccolo fuocherello neonato che guarda tutto con curiosità e timore. Sento di doverlo proteggere, anche per il solo fatto che c’è. Dà calore, seppur la fiammella a volte si fa piccola piccola, diventa verde oscillando così tanto che sembra volersi spegnere. Vorrei essere tetto per proteggerla dall’acqua. Anche se con il vento le gocce potrebbero raggiungerla e allora io non potrei farci niente. O forse si, con più legna diventerebbe una fuoco robusto, sicuro. La legna ce l’ho, vorrei poter dire che la userò sicuramente, a qualsiasi costo per alimentare questo bel calore, per far sì che diventi vita.