mercoledì 17 marzo 2010

Azioni e Reazioni

Era stata una giornata faticosissima. Preceduta da giorni, mesi faticosi. Tutto per costruire un grande evento. Ed era stato un grande evento. Il più grande di tutti. Il momento era di forte incertezza e l’evento doveva andare bene per ridare fiducia, far sapere che si era ancora lì e che l’intenzione era di starci ancora a lungo. Bene, era successo. A luci spente la consapevolezza della grandiosità dell’evento appena terminato accompagnava tutti, comprese le persone che l’avevano realizzato. In genere regnava l’euforia mista alla stanchezza e c’era un gran sorrisi da per tutto e pacche sulle spalle, espressione di grande soddisfazione e di “meglio di così non poteva riuscire”.

Lei sembrava che avesse concluso una delle solite giornate di lavoro. Non un sorriso. Sollievo sì per la fatica finalmente conclusa. Ma subito concentrata sul dopo, tanto ciò che è fatto appartiene al passato e male o bene che sia andato non si può più cambiare. Incapace di manifestare gioia, di condividere la felicità e di dire grazie, bravi, bene, ora siamo più forti, ora sappiamo che abbiamo un orizzonte splendente davanti a noi. Sull’uscio, sola, accendendo una sigaretta si concede un sorriso e gli occhi diventano lucidi per la gioia. Solo per lei. È un sensazione troppo bella per poterla e volerla condividere.

Ma perché?

Lei non si dà pace - a tratti – pensando all’incapacità di essere felice con e in mezzo agli altri. Ma è sempre stato così? Non ricorda. Se pensa di comportarsi diversamente, la assale una sensazione di disagio, di rifiuto e pensa che semplicemente non è nata entusiasta. Poteva andare peggio…
Forzandosi un po’ e avendo di che gioire, decide di provarci seriamente. Condivide. Prima se interrogata o messa alle strette, poi anche spontaneamente, raccontandosi nei fatti, nelle emozioni. Il risultato è oltremodo deludente: ciò che ha dentro e che sente in modo così acuto, ciò che la pervade profondamente e a cui vorrebbe pensare di più, se avesse la possibilità di non essere distratta dalle cose banali del mondo (svegliarsi/lavarsi/lavorare/intrattenere relazioni sociali/fare la spesa/guidare/etc) non sortisce negli altri la reazione attesa. Pensa che in fondo ognuno vive le emozioni in modo unico e non si può condividere l’esatta esperienza individuale. Allora perché mostrare entusiasmo? Di che? A chi?

Decide che riserverà i momenti migliori per lei, l’unica persona in cui l’azione e la reazione possono coincidere. In casi speciali si concederà qualche eccezione e sarà benevolente nei confronti di chi, pur non potendo capire l’emozione per quella che è, mostrerà vero interesse.