sabato 25 aprile 2009

lunedì 20 aprile 2009

Il cappuccio rosso sventolava forte e le mani erano fredde e indolenzite nel tentativo di tenerlo stretto sulle orecchie. A volte provava a metterne una in tasca per riscaldarla un po’ ma il soffio pungente s’infilava e gelava la testa. Si era anche preparato una piccola sigaretta innocua ma non c’era verso di accenderla, e soprattutto di fumarla. Le guance rosse come ciliege, camminare sulla neve richiede un certo impegno e concentrazione. Finalmente il fumo del comignolo si alzava nel cielo, c’era quasi. La porta socchiusa. Strano. La pentola appesa sul fuoco tenue del camino. Era lì ma non c’era. Se ne era andata. Senza possibilità di replica, senza addio. Aveva pensato lungo tutto il cammino alle mille cose da raccontare. Riusciva ad andarla a trovare raramente ma ogni volta che qualcosa lo feriva o lo rendeva felice serbava l’emozione in un cassettino aspettando di avere l’occasione di condividere pensieri e desideri. Era lì, immobile davanti a quel corpo inerme, gelato come le sue aspettative.
Fuori iniziava a nevicare forte, il cappuccio sventolava ma le mani erano inermi. I passi ritmici, uno due tre uno due tre uno due tre. Pensava che avrebbe voluto camminare così per sempre. Era l’unica cosa che contava, mettere un piede davanti all’altro, all’infinito. Per andare avanti. Il sentiero costeggiava la scogliera. Scorse una figura che in lontananza gli dava le spalle. Era una giovane donna con i capelli lunghi che seguivano i capricci del vento. Guardava al mare. Non se ne curò molto. I loro sguardi non si incrociarono. Una volta che l’ebbe sorpassata si girò, prima di entrare nel bosco. Aveva un profilo delicato, lacrime le rigavano il volto. Una fu portata via dal vento, si avvicinava senza titubanze, da goccia si era trasformata in grande bolla. Non oppose nessuna resistenza, l’impatto fu dolce ma il cappuccio volò via. Una macchia rossa sulla distesa immacolata.