martedì 4 gennaio 2022

Ben parlare, male razzolare

Tempo di iscrizioni alla scuola che sarà.
Già per le elementari i discorsi sono del seguente tipo.
Meglio iscriverli nella scuola meno periferica, sai è importante la frequentazione. Io la mando dove vedo che le persone che conosco mandano i figli, almeno so chi possiamo aspettarci che frequenti. 
La prima reazione a certi discorsi è l'imbarazzo, lo stupore dovuto all'incapacità di associare la persona a quelle parole. Poi si insinua il dubbio che in fondo sia quello che desidero anche io. 

Compiuta la scelta della scuola pubblica, per evitare di farli crescere in una bolla, resta l'anelito ad assicurare il meglio che c'è per il proprio pargolo. 
Il problema è mettersi d'accordo su cosa sia questo meglio. Vorremmo che i nostri figli, ovviamente svegli intelligenti curiosi e dal grande potenziale, oltre che oggettivamente privilegiati, si inseriscano in un contesto dove l'apprendimento venga facilitato in maniera sana ed efficace per lo sviluppo della loro persona. certo. ma non è quello che vogliono tutti i genitori?
Capitare in una classe con altri bambini che non parlano bene l'italiano, perchè magari in casa non si parla bene, è un minus in sè? avere compagni certificati con alto pedigree mette al sicuro da episodi di bullismo? impegnarsi in questa ricerca spasmodica per gli insegnanti migliori, assicura che il ciclo quinquennale di studio non subirà rallentamenti? basti pensare a come la DAD forzata di questo periodo abbia sconvolto a tutti la vita.

Cambio setting, altra città, altra famiglia di professionisti dagli alti valori con figlia adolescente che ha appena iniziato le superiori.
E quindi ti trovi bene? Si sono contenta, certo è impegnativo ma mi piace studiare. che meraviglia! brava! e i compagni come sono? carini tutti.
Intervengono i genitori: sai sono tutti di ottima famiglia, li abbiamo conosciuti e poi li si entra solo se hai una media alta. calcola che non c'è nemmeno un immigrato.


venerdì 18 marzo 2016

Rieccomi! riflessioni sull'intimità della scrittura.

Wow, è passato un po' di tempo da quando ho scritto qui l'ultima volta...non so perché ho smesso, proprio come non so perché ho cominciato.
Non c'è mai stata una chiara idea dei temi che avrei affrontato in questo spazio, delle persone che avrebbero letto, né tantomeno di come pubblicizzare quello che scrivevo.
Anzi, in maniera subdola ogni volta che pubblicavo un pezzo lo rileggevo con l'ansia di trovare pensieri che non avrei voluto svelare. Sono sempre stata combattuta tra la libertà di esprimermi e il timore di dire troppo. Questa paura di mettersi a nudo, di scrivere mantenendo una calcolata distanza tra sé e gli altri, i possibili destinatari del messaggio, rende tutto faticoso. Ed è un grande limite. Per come la vedo io, la difficoltà maggiore di una persona che scrive è infischiarsene dei giudizi altrui non tanto sulla qualità e lo stile di scrittura, quanto sulle ipotesi di legami diretti tra ciò che si legge e ciò che si pensa l'autore abbia vissuto in prima persona. Voglio dire, anche se la scrittura è frutto di un processo di rielaborazione, creatività, correzioni (per usare un termine che mi sta molto a cuore: sto leggendo Le correzioni di Franzen e ne sono completamente rapita) di esperienze personali, vissuti altrui e fantasie, di base attraverso, mettiamo, un libro, un romanzo, lo scrittore presenta se stesso, le sue paure, le sue nevrosi, i suoi principi, i limiti e anche se li rovescia, li trasforma o li descrive per quelli che sono, presenta se stesso al mondo.
Scrivere è un'azione intima. Ci vuole coraggio per farne un atto pubblico. Questa la mia sensibilità sulla questione, forse dovrei parlarne con la mia analista.

Ad ogni buon conto (espressione che prendo in prestito volentieri e che mi riporta immediatamente in un salotto ovattato con distinti signori ben educati di inizio secolo, che non si sovrappongono nel dialogo e che cedono volentieri la parola), la scelta di Elena Ferrante di non divulgare la propria identità e lasciare che siano i suoi libri a parlare, a vivere scollegati da chi li ha scritti, mi è particolarmente congeniale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Elena_Ferrante

Al posto suo (magari!) resterei indifferente al rumore creato da chi avanza ipotesi sul suo conto, provando periodicamente ad indovinare chi è l'autore o l'autrice e sorriderei al pensiero di come questa curiosità sia elevata a livello di notizia da far circolare, da commentare, mentre mi godrei beatamente la riservatezza e la tranquillità necessarie a fare quello che mi rende più felice: scrivere!




mercoledì 4 luglio 2012

Eataly, una bella inutile idea.

A chi decidesse di fare un giro nel nuovo Eataly aperto da due settimane a Roma, raccomando di evitare la gita di gruppo. L’euforia della novità è contagiosa e anche in un’anonima sera estiva in mezzo alla settimana si rischia un bagno di folla degno di una ruspante sagra paesana.

Anche qui, come la prima volta che ho messo piede a Roma all’IKEA dopo aver fatto esperienza di IKEA solo in Danimarca, ho la netta sensazione di come i romani riescono a rendere tutto più burino di come uno si aspetta che sia. Avrà contribuito la vista dei politicanti locali in gran spolvero, non so.
Seguono altre analogie con l’IKEA.

Il posto è fighissimo, quattro piani di gusto da osservare,comprare, mangiare, anzi no, come dice la filosofia di Eataly, da degustare. Ill uogo scelto è l’ex terminal Ostiense da cui, alla tenera età di 12 anni sono partita per la mia prima vacanza studio all’estero. Credo che come terminal abbia funzionato due o tre anni. Poi ha ospitato qualche concerto, qualche fiera, di certo è stato sottoutilizzato per X anni. E poi ci ha messo gli occhil a famiglia Farinetti, già proprietaria di UniEuro fino a quando l’ha venduto agli inglesi.
“L’ottimismo è il sale della vita!”, ve lo ricordate il buonTonino Guerra che sponsorizzava la filosofia dei Farinetti dando loro una mano a vendere gli elettrodomestici? Adesso Guerra non c’è più ma l’ottimismo della grande distrubuzione resta e porta bene! Inaugurato il primo Eataly a Torino nel 2007, apertura in pochi anni di N. centri in diverse città italiane e poianche in Giappone e negli Stati Uniti.

Che cos’è Eataly? Di sicuro un successo imprenditoriale.
Ieri sera, appena entrata, davanti al tappeto mobile che porta su mi viene in mente l’IKEA del cibo. Gente con i carrelli pieni dipeperoni, meloni, cioccolata Venchi e culatello. Odori, colori di una varietà incredibile. Angolo (grande il doppio di casa mia) libreria, accessori per lacucina, ristoranti tematici ovvero o carne o pesce o fritto o pasta etc – No,non puoi mangiare un piatto di pasta e una bistecca insieme.

A colpo d’occhio, l’impressione è notevole. Piano piano poi si sgonfia.
Eatalypropone il meglio delle produzioni artigianali a prezzi assolutamente avvicinabili,riducendo all’osso la catena distributiva dei prodotti e creando un rapporto dicontatto diretto tra il produttore e il distributore finale, saltando i varianelli intermedi della catena.
Eataly nascecon l’intento di smentire l’assunto secondo il quale i prodotti di qualitàpossono essere a disposizione solo di una ristretta cerchia di privilegiati,poiché spesso cari o difficilmente reperibili.

L’obiettivodi Eataly è quello di incrementare la percentuale di coloro i quali sialimentano con consapevolezza, scegliendo prodotti di prima qualità e dedicandouna particolare attenzione alla provenienza e alla lavorazione delle materieprime…
Eataly,intende promuovere la “democratizzazione” della qualità alimentare.

Hmmm. Bah! Nella sezione salumi anche la ventricina, un esotico saporito salame (molisano). Costa uno sproposito rispetto a quanto si vende nel mercato di provenienza, più del doppio. E non nella fattoria dell’allevatore ma anche in un supermercato di città. A chi va quelsurplus di denaro? È una soglia di consapevolezza che Eataly prevede di alimentare nel consumatore?
Gli “amici” del Gambero Rosso lo definiscono “il mega-parcodei divertimenti enogastronomico”. Gli “amici” di Slow Food si occupano di garantire la qualità dei cibi.

Mentre raggiungo la macchina carica di birre artigianali dalle etichette fantasiose mi sento un po' scema per aver abboccato all'ennesima trovata commerciale di punta. Eataly è un abile progetto del marketing più avanzato creato per spingere i consumi inutili e vendere l’esperienza di un cibo altrimenti non raggiungibile e farti al contempo sentire parte di un élite, massificata.
Soddisfatta la curiosità, credo che mi recherò da Eataly periodicamente, a comprare caprini stagionati così come ogni tanto vado all’IKEA, a comprare candele profumate.

domenica 17 giugno 2012

Shopping al maschile

- Mi serve un pantalone. Guarda, sono dimagrito e questo mi fa tutte le grinze
- Ok nel fine settimana possiamo andare in qualche negozio.
Ecco io immaginavo una bella passeggiata in centro in quei negozi modaioli dove trovi tutto in fatto di ultime tendenze nel vestire o in alternativa un bel giro in un centro commerciale serio, con negozi seri e vasto assortimento. Niente di tutto ció.
Portiamo in lavanderia il piumino, diamo un'occhiata intorno e entriamo nel primo negozio sportivo che vediamo. Lui riesce a comprare ben quattro pantaloni in meno di 20 minuti. Rinnovo armadio stagionale effettuato. Un'ennesima riprova che la storia che l'uomo e la donna vengono da pianeti diversi ha fondamenta incontrovertibili.